Sono finita in un baratro. Oggi newsletter tematica. Andiamo in America.
«Ci sono due tipi di mamme: le mamme Pinterest e le mamme Amazon Prime, noi siamo sicuramente le seconde. Cerchiamo di risolvere i problemi della vita con la spedizione gratuita in due giorni - è l’unico modo che conosciamo per sopravvivere alla difficoltà di portare avanti una casa e crescere dei figli»
Questo è uno stralcio di intervista rilasciata da Ashley Le Seur, Taylor Cannon e Liney Hutchinson, due sorelle e una cugina, originarie dello Utah, fondatrici di The Buy Guide: un sito che raccoglie una selezione curata di prodotti, ispirata dal “potere trasformativo degli oggetti belli”, acquistabili tramite link di affiliazione.
Oggi vorrei parlarvi di uno di questi oggetti. Lasciate che vi presenti lo Stanley Adventure Quencher Travel Tumbler, ora rinominato The Quencher H2.0 Flow State™ Tumbler, ma affettuosamente chiamato Stanley cup. Capacità: 40oz, più di 1 litro. Peso: 1,43 libbre, circa 650g. Colori tra cui scegliere: 29. Costo: 45$ per le colorazioni standard opache, fino a 70$ per le edizioni speciali o in collaborazione, come la più recente con Starbucks.
Una borraccia termica delle dimensioni di un gattino, impossibile da utilizzare se non fosse per la cannuccia e la maniglia con grip, ma con la forma ristretta verso il fondo, che la rende perfetta per il porta bibite della macchina. Una tazzona creata da un’azienda americana di tradizione centenaria, specializzata in accessori da campeggio, che nel 2023, con più di 20 milioni di ricerche su TikTok, è diventata uno dei prodotti più desiderati al mondo.
Com’è possibile che una bottiglia, tazza, borraccia, ecomostro, chiamatela come volete, sia diventata un food trend (ma ormai siamo molto oltre il food) di tale impatto in USA da spingere le persone ad accamparsi, con il sacco a pelo, fuori dai punti vendita Target in attesa del riassortimento? Un oggetto inizialmente concepito per la vita all’aria aperta, con il solo scopo di essere robusto e mantenere a lungo la temperatura di una bevanda, che alimenta un mercato nero su Ebay, dove viene rivenduta anche a 200$?
Uno status symbol intergenerazionale, agognato dalle giovanissime (cercate i video di bambine di 9-10 anni che lo ricevono a Natale), dalle teenager che vivono come il peggiore degli incubi il dover andare a scuola senza una damigiana d’acqua, e dalle loro madri, che mostrano orgogliose la collezione di Stanleys, in ogni variante colore, abbinate di volta in volta ai loro outfit.
«While Stanley Quenchers are all the rage, we strongly advise against turning to crime to fulfill your hydration habits»
- City of Roseville, California Police Department
Questa è la storia di una tazza, di donne e di marketing. Una storia che potrebbe essere solo americana, ma che ha acceso la scintilla della mia curiosità quando ho visto, in un nuovo negozio della mia piccola città, tutta la collezione dei prodotti Yeti (brand rivale di Stanley, ancora legato soprattutto all’outdoor, ma basato sullo stesso concetto: thermos, borracce, bicchieri, frigoriferi portatili così profondi e resistenti, da ospitare comodamente ghiaccio e birre per il vostro barbecue con 30 persone nel bosco, o un cadavere).
È una storia che riguarda questo nuovo modo “estetico” di concepire ogni aspetto della nostra vita e accumulare, nel cibo come in altri ambiti, dimenticando che la semplicità non dovrebbe implicare alcun consumo.
Nel 2019 il quencher Stanley si stava comportando così male in termini di vendite che l’azienda voleva smettere di produrlo, non riforniva più i negozi e ne aveva abbandonato la promozione. Per un fortunatissimo caso, però, le tre ragazze di The Buy Guide, che il New York Times ha definito “The Sisterhood of the Stanley Tumbler”, avevano scoperto la borraccia dei loro sogni e si erano anche rese conto delle sue potenzialità commerciali nei confronti di un pubblico femminile a loro affine. Un aspetto interessante considerando che il marketing originario era rivolto ad un pubblico prettamente maschile, agli uomini amanti della vita all’aria aperta o ai cosiddetti blue collar worker: persone che svolgono lavori manuali pesanti, in settori come quello edile, manifatturiero o della manutenzione.
Ma qui la trama si infittisce. Nonostante sul loro blog ci sia un racconto dettagliato di come questa intuizione abbia cambiato le sorti della cup, non viene fatto alcun riferimento ad un aspetto che gioca un ruolo fondamentale nella storia: il Mormonismo.
Pur non dichiarando apertamente la loro aderenza a questa religione, sono stati notati una serie di indizi che lasciano supporre una vicinanza delle tre donne alla comunità mormone. Nel loro sito, tra le raccomandazioni di saggi, è inserito un libro intitolato A Case for the Book of Mormon. Tutte e tre hanno frequentato la Brigham Young University, università privata fondata proprio dal secondo presidente della Church of Jesus Christ of Latter-Day Saints, con un’alta percentuale di studenti mormoni. Sono ragazze che si sono sposate giovani, hanno avuto presto svariati figli e hanno trovato nella nicchia di lifestyle influencing la perfetta forma di guadagno, che le realizzasse senza allontanarle da casa.
Il Mormonismo, infatti, incoraggerebbe molto le donne a tenere diari, a fare cronaca delle loro vite, oltre che a mantenersi in salute e di bell’aspetto, e negli anni 2000, con la nascita dei blog, e la successiva comparsa dei social, l’utilizzo di questi nuovi medium è stato incentivato come veicolo per rispettare il credo religioso e fare, al tempo stesso, promozione allo stile di vita mormone. Si è creata, quindi, una nicchia di influencer, o mom-fluencers, mormone, che controlla un’interessante fetta di mercato: giovani donne con buona capacità di spesa, che il direttore commerciale di Stanley, già noto per aver risollevato in passato le sorti del brand Crocs, ha pensato bene di non farsi sfuggire.
Ma perché proprio una borraccia? La dottrina mormone, come tante religioni che intervengono sull’alimentazione dei fedeli, impone il divieto di consumare tè e caffè e questo ha chiaramente portato gli osservanti a cercare bevande alternative. Per un motivo che, onestamente, non ho ben compreso le bibite fredde, anche contenenti caffeina, non sembrano rientrare nel divieto e in Utah, uno stato con grande concentrazione di Mormoni, hanno preso piede diverse catene, come Swig o Sodalicious, dedicate alla preparazione di “dirty sodas”: beveroni ghiacciati che uniscono bibite gasate e latte, panna, gelati e sciroppi. E dove si potrebbe conservare al meglio un simile intruglio se non in un contenitore con capacità di isolamento termico mai viste prima?
Un altro trend che vede protagoniste le Stanleys è quello di #waterTok. L’idratazione va presa sul serio, ma se il “gusto dell’acqua” risultasse ostico dopo i primi 2 litri del giorno, la soluzione ovvia non può che essere crearsi acque aromatizzate, con appositi sciroppi “zero”, senza zuccheri, né calorie, ma pieni di coloranti e aromi artificiali, o analoghe polverine, immerse in una Stanley riempita di acqua e ghiaccio. Per chi, invece, sul gelato non scende a compromessi, bisogna sottolineare che il diametro della cup è perfetto per alloggiare un barattolo Ben&Jerry’s e mantenerlo alla giusta temperatura tutto il tempo che occorrerà a finire 450g di gelida bontà.
Tutti vogliono un pezzo di Stanley e sono reperibili, ormai, un’infinità di accessori per customizzare il proprio giocattolo, come i vassoi con scomparti, da incastrare intorno al tappo, e riempire di snack. Sono passati forse 70 anni dalla comparsa delle tv dinner, che hanno sfamato generazioni di famiglie americane, ma consumare un pasto completo sul divano, davanti alla televisione, è ancora un piacere che non si può mettere in discussione; se poi per farlo non serve neanche poggiarsi da qualche parte, perché tutto orbita attorno ad una tazza, siamo proprio all’apoteosi del lusso.
Amanda Mull, su The Atlantic, sostiene che questa storia ci dica molto di più sulla natura dei trend, che su una tazza. E che, semplicemente, alcune volte vediamo qualcosa così tanto, che alla fine ci arrendiamo ad essa. La mia amica Raffaella, che vive a Pasadena (California) e che mi vuole talmente bene da essere andata da Target a controllare se il quencher fosse disponibile (spoiler: non c’era, ma ormai si può acquistare facilmente dal sito, che ha anche un e-commerce per l’Europa, se vi voleste togliere lo sfizio) è dell’idea che questo fenomeno non sia tanto diverso da qualunque altra moda.
Non sono abbastanza esperta per dire cosa tutto questo ci racconti della società americana e del consumismo sfrenato che, a dispetto di tutto, permane in molte fette di essa. Quello che mi ha catturato di questa storia è stato, ovviamente, la follia collettiva scatenata da un oggetto semplice come una borraccia. La pervasività dei social, il marketing capace di sfruttare le nicchie e i cliché che si continuano a perpetrare sugli interessi femminili.
E ora, se volete approfondire l’argomento e passare minuti, ma anche ore (colpevole!) ipnotizzati di fronte a video ASMR di donne con la manicure perfetta che lavano e rimettono a posto le loro Stanleys, ecco i consueti link.
Le catene di dirty sodas in Utah: un po’ di contesto
La collaborazione Stanley x Starbucks non ha molto senso, visto che il caffè più grande venduto dalle caffetterie è un Venti (20oz)
Possibili interpretazioni sul perché di questa ossessione
L’accesso dei più giovani ai trend: le criticità
Il New Yorker sulla tazza
Alcuni commessi di Target sono stati licenziati per aver messo da parte e acquistato alcune tazze
Ma se volessi bere semplicemente acqua? #waterTok spiegata dal New York Times
Il primo video virale: una macchina si incendia, il giorno dopo, nella Stanley rimasta dentro il veicolo, il ghiaccio ancora non si è sciolto
abc News ci porta a Salt Lake City nel mondo delle mom-fluencers
Big Dumb Cups. Lo sketch del Saturday Night Live con Dakota Johnson inquadra perfettamente il trend
Riassortimento da Target. Due pezzi a persona
Il vassoio sul tappo: che invenzione
Forse ho bisogno di una hydration station
Una mamma si ribella alla follia. Tratto da una storia vera
Rimaniamo in America perché lunedì 11 Marzo sarà la notte degli Oscar e potevo non creare una playlist per cucinare con le mie canzoni preferite tra quelle che hanno vinto la statuetta come “miglior canzone originale”? (Sono molto infastidita dalla versione di Let the River Run che non è quella di apertura di Una donna in carriera. Accontentiamoci, ci riguarderemo il film).
🍿ascoltando questa playlist avrei dovuto preparare i popcorn, in realtà ho fatto la tatin di scalogni, mele e parmigiano che trovate a pag. 152 di Greenfeast, Autumn, Winter di Nigel Slater.
Spero vi siate intrattenuti con questo Fuori Menù un po’ diverso dal solito (parecchio “fuori” direi) e mi piacerebbe sapere se avete tratto degli spunti di riflessione da questa storia o vi siete soprattutto indignati di fronte alla dissolutezza della nostra società consumistica. Chiacchieriamo nei commenti.
Alla prossima!
Già la citazione iniziale mi ha incuriosita molto e mi sono chiesta, chissà che madre sono io. Secondo me sono un’anima Pinterest rinchiusa in una società Amazon Prime.
Comunque, sto leggendo “Sono contenta che mia madre è morta”, e questa mamma che costringe la figlia a fare audizioni e corsi di recitazione a manetta per farla diventare attrice prodigio, appartiene alla comunità mormone. Ritrovo alcuni dei lati che hai descritto nel profilo di questa madre.
(E infine, hai nominato Let the river run e Una donna in carriera e ho sorriso, perché è al centro della mia prossima puntata 💕).
Mamma che tunnel! Sono senza parole, non so quando mi riprenderò. Grazie per questo pezzo, appena mi faccio coraggio apro anche i link