«In 1949, the Hungarian George Mikes famously declared that: ‘On the Continent people have good food; in England they have good table manners.’»
~ Kate Fox
Legno umido. Moquette polverosa. Leggero sentore di fritto. Erba bagnata. Per alcuni anni, da ragazzina, ho passato il mese di Luglio in vacanza studio nel Regno Unito, alloggiando nei dormitori dei college, mangiando in mensa e sperimentando la vita di uno studente britannico. Questi odori sono impressi nella mia memoria olfattiva, forse perché sono legati a tanti bei ricordi, alla prima consapevolezza di autonomia, e al momento in cui è scattato l’amore per la lingua inglese, per la cultura britannica, per un luogo antico, fatto di storie e magia, ma sempre creativamente avanti agli altri.
Quando ad Agosto sono tornata a Londra e ho varcato la soglia della casa che avevo preso in affitto, mentre salivo le scale strette coperte di moquette questi odori hanno fatto clic nel mio cervello e ho sorriso perché, in qualche assurdo e incomprensibile modo, mi sono sentita benvenuta, accolta, attesa. (Devo “incolpare” Pamela Frani per avermi fatto riflettere sul legame tra memoria e odori).
In Inghilterra si è sempre mangiato male, storicamente era la meta incubo per ogni genitore “ma cosa vi daranno da mangiare?” e devo ammettere che trovare a colazione prosciutto cotto gelatinoso, coperto da fette di ananas è stato abbastanza shockante la prima volta.
Ma erano gli anni ‘90 (ehilà, pennette al salmone? vergogniamoci) e crescendo, e muovendomi al di fuori delle mense scolastiche, ho iniziato a rendermi conto di come la cucina tradizionale britannica, la cui identità noi europei abbiamo sempre stentato a riconoscere, non abbia nulla di cui vergognarsi e possa regalare grandi soddisfazioni (probabilmente fritte, ma chi sono io per condannare la frittura?).
Per approfondire questo discorso, per dare anche una forma al fascino che questi luoghi hanno sempre esercitato su di me, sono ricorsa - manco a dirlo - ai libri.
Ve ne propongo due (per adesso, ma se avete curiosità più specifiche chiedete pure) uno più vecchiotto, ma che amo rivisitare periodicamente, che si occupa della società inglese da un punto di vista antropologico. Watching the English di Kate Fox (Hodder & Stoughton, 2004) affronta ogni aspetto della cultura inglese, dai canoni linguistici della conversazione, l’ossessione per il meteo, la gentilezza estrema, l’umorismo, fino al rapporto con il cibo e con il sesso e, pur essendo scritto da un’antropologa sociale, è scorrevole, piacevolissimo e anche divertente.
Il secondo, invece, molto più recente è Red Sauce, Brown Sauce di Felicity Cloake (Harper Collins, 2022), giornalista firma del Guardian dal 2010, food writer con 7 titoli pubblicati tra cucina e saggistica, che si definisce «full time breakfast obsessive».
L’amore per la propria tradizione culinaria, per le colazioni, e per la bicicletta, le hanno fatto decidere di pedalare per 2.388km in un tour della Gran Bretagna, assaggiando più colazioni possibili e cercando l’origine delle preferenze gastronomiche del popolo britannico. Un libro che è in parte diario di viaggio, in parte letteratura gastronomica, che riporta anche alcune ricette e svela molti aspetti culturali legati al cibo. E lo fa con uno stile ironico, dissacrante, a metà tra Bill Bryson ed Helen Fielding, una voce secondo me unica nel panorama del food writing contemporaneo.
Un modo originale per scoprire Londra con occhi diversi sono le Opinionated Guides di Hoxton Mini Press, una casa editrice indipendente di East London
Nel 2010 Jay Rayner ha recensito Dishoom per il Guardian e non ne è stato propriamente entusiasta
È appena uscita la riedizione di un meraviglioso libro di cucina di Diana Henry Roast Figs, Sugar Snow con nuove ricette, un nuovo design e l’introduzione di Nigel Slater
Le ragazze di
hanno creato A cup of books un’iniziativa stupenda dedicata al cibo e alla letteratura inglese. Se siete a Parma non perdete il prossimo incontro del loro book club con il prof. Diego SagliaL’orsetto Paddington, la cui statua (e negozio) meritano un pellegrinaggio nell’omonima stazione ferroviaria, si nutre di sandwich con marmellata di arance: ecco due ricette alternative di Nigel Slater
Date da mangiare a Phil è uno dei programmi più belli sul cibo degli ultimi anni, la puntata su Londra vi farà venire molta fame
Il duo cosamangiamooggi ha una serie di video su YouTube dedicata alle avventure culinarie a Londra
Una giornalista di Stylist magazine ha visitato tutti i luoghi attualmente più in voga in cui mangiare a Londra
The Full English è un podcast che analizza il rapporto tra i britannici e il cibo
È appena iniziata la quarta stagione del mio podcast preferito Dish di Waitrose (esatto, il supermercato del demonio) e nell’ultima puntata sono ospiti i genitori di Jack Whitehall: hilarious, come direbbero loro
Tom Kerridge, chef stellato e autore, parla del ruolo sociale dei pub in questa puntata del Waterstones Podcast
Sinceramente non ho ancora capito se darmi dei temi per questi nuovi numeri di Sfoglia, fatti di spunti e suggerimenti, sia un bene o solo un modo per sfogare le mie tendenze monomaniacali.
Probabilmente la seconda. E infatti ho preparato anche questa volta un’allegra playlist con alcuni brani dei miei musicisti britannici preferiti, perfetta per accompagnarvi e caricarvi in cucina nella preparazione della prossima cena (magari a tema uk se vi ho contagiato per bene).
🍳 io ascoltando questa playlist ho preparato la Shakshuka che trovate a pag.66 di Jerusalem di Yotam Ottolenghi
La prossima settimana arriverà l’ultimo numero della newsletter del “UK Month” e sono molto emozionata perché sarà una grande sorpresa (e perché non ho ancora deciso come gestirla logisticamente).
Fatemi sapere se vi è piaciuta questa “immersione”, se avete ascoltato la playlist, se avete comprato uno dei libri di cui vi ho parlato o cucinato qualcosa, insomma: fateme sape'!
Con Londra con me sfondi sempre una porta aperta, il mio blog e tutto il mio progetto di comunicazione sulla pizza è nato proprio lì, nel decennio dove ho avuto la fortuna di viverci e documentare la crescita della cucina italiana di alto livello ma soprattutto l'esplosione della pizza napoletana. E sottolineo fortuna, perché le storie sul cibo che sento da parte dei migranti del decennio precedente al mio mi hanno sempre fatto venire i brividi...
Ovviamente ora voglio tornare a Londra per sentire l’odore di erba bagnata, legno umido, moquette polverosa e un leggero sentore di fritto.
Così la smetto, ogni volta che torno a Roma, di andare a mangiare da Babingtons.