Ve la ricordate la fine della scuola? Quei giorni tiepidi in cui, finalmente, la mattina si poteva dormire fino a tardi e si ciondolava per casa in pigiama, senza sapere bene cosa fare, inebriati dalle mille possibilità che tre mesi senza lezioni, interrogazioni o compiti in classe avrebbero portato.
Non so quanto questo mio ricordo sia accurato, ma sono quasi certa che, proprio in quei giorni, arrivavano nella posta i cataloghi delle librerie (o forse degli editori) con i consigli di lettura per l’estate. In quelle mattinate afose, munita di penna, mi buttavo sulla poltrona strategicamente posizionata davanti al ventilatore e iniziavo a spulciare tra foto di copertine e mini recensioni, segnando con una croce i titoli che mi sembravano più interessanti. Alla fase di studio seguiva l’agognata spedizione in libreria e la preparazione della “borsa dei libri” che, ancora oggi, è un elemento imprescindibile per ogni spostamento, anche se ormai contiene quasi solo albi illustrati.
Questo numero di Sfoglia vuole essere una umile versione di quei cataloghi: qualche consiglio, per chi ancora non è andato in vacanza, per chi purtroppo non riuscirà ad andare o per chi è già tornato ma cerca ispirazione per rilassarsi con una buona lettura. Questa volta, infatti, non vi parlerò di libri di cucina (basta cucinare, fanno 50 gradi, l’unica opzione possibile è nutrirsi di albicocche, pizza bianca e gelato) ma di quei libri che, non sapendo il termine tecnico adatto, chiamo “letteratura gastronomica”: narrativa in cui il cibo è protagonista di storie di tutti i tipi rese, in questo modo, ancora più affascinanti.
Trattandosi di un numero speciale ho incluso anche dei suggerimenti per giovani lettori, perché se già ho difficoltà a resistere al fascino dei libri che parlano di cibo, quando sono anche per bambini perdo ogni freno inibitore.
Cosa aspettate? Prendete la vostra bibita ghiacciata, accomodatevi sulla poltrona di fronte al ventilatore, e godetevi Sfoglia, i libri per le vacanze.
1. Stephanie Danler, Sweetbitter, Alfred A. Knopf, 2016
Il New York Times ha definito questo libro il «Kitchen Confidential dei giorni nostri», scritto dalla prospettiva più civile e pulita di chi lavora in prima linea a contatto con il pubblico. Camerieri, aiuto camerieri, sommelier che hanno, ormai, molto più in comune con la classe di persone che servono, rispetto agli avanzi di galera a cui ci aveva abituato Bourdain: sono spesso artisti, appena usciti dalla scuola di specializzazione, leggono poesie, frequentano mostre, parcheggiati a tempo indeterminato nel non-luogo che è un ristorante, a combattere le loro insicurezze con droga, sesso e ottimo vino.
Tess ha ventidue anni e abbandona la sua non specificata città di origine nella provincia americana, in fuga principalmente dalla noia.
«And I left like he understood that I didn’t have endless options, that there was only one place large enough to hold so much unbridled, unfocused desire»
Tess non sa quasi nulla di se stessa, non ha esperienze di alcun tipo, arriva a New York senza uno scopo particolare e viene assunta come aiuto cameriera in un ristorante di alta cucina di Manhattan, il suo trampolino verso un percorso di scoperta di sé, di perdita dell’innocenza, di sviluppo della propria identità.
È un romanzo di formazione, c’è un triangolo amoroso, una relazione tossica, il volersi fare male a tutti i costi pur di sentirsi vivi, molti personaggi sono stereotipi, alcuni passaggi sono ridondanti, ma la scrittura è penetrante, le descrizioni del cibo, della vita al ristorante, delle notti infinite e delle albe infuocate di New York sono vive, reali e poetiche. Il romanzo è punteggiato da poesie che sono frammenti di conversazioni, discorsi origliati, sussurri dietro il bancone del bar, di quel chiacchiericcio di fondo che fa sempre parte dei ristoranti, fuori e dentro la cucina, e ne esprime perfettamente l’ambiente.
Il personaggio di Tess è scritto così bene (molto è tratto dalle esperienze dell’autrice stessa, che per un periodo ha lavorato al famosissimo Union Square Café) che provoca fastidio, ma fa anche parteggiare per lei, il lettore è invitato, anzi trascinato, in questo viaggio di conferma della sua identità.
«I chose this life because it’s a constant assault of color and taste and light and it’s raw and ugly and fast and it’s mine. And you’ll never understand. Until you live it, you don’t know»
Il mio consiglio è, potendo, di leggerlo in inglese, perché la scrittura merita davvero di essere gustata in tutta la sua pienezza e le sue sfaccettature, ma non disperate: è stato tradotto in italiano da Rizzoli, con il discutibile titolo “Il sapore dei desideri”. Volutamente non ho citato il paragrafo di apertura del libro, che vi invito ad andare a leggere, perché vi basteranno quelle poche righe e sarete catturati.
2. Ito Ogawa, Il ristorante dell’amore ritrovato, Neri Pozza, 2010
Vincitore del Premio Bancarella della cucina nel 2011 questo libro unisce cucina e letteratura in una narrazione fiabesca. Ringo, la protagonista, perde improvvisamente la voce dopo lo shock di essere stata lasciata dal proprio compagno che, di punto in bianco, svuota la loro casa e sparisce senza dare spiegazioni.
Rimasta senza niente decide di tornare nel paesino di montagna in cui è nata e, armata solo di un taccuino per comunicare, ritorna alle sue radici in cerca del proprio futuro. Il suo progetto iniziale si scontra con un’inaspettata proposta della madre, da cui Ringo si era allontanata anni prima carica di risentimento, che la convincerà a rimanere e ad aprire un minuscolo ristorante molto particolare.
Come spesso accade con la letteratura giapponese è un libro in cui è facilissimo “entrare”, che cattura subito la curiosità del lettore, ma nasconde una profondità inaspettata. Affronta temi non facili, come la solitudine, l’incomprensione e il rapporto madre-figlia, la malattia e il cibo visto come cura, soprattutto per l’anima.
«Ascoltavo la voce degli ingredienti, con il naso e con le guance. Sentivo, annusavo, mi accertavo della loro condizione e domandavo come preferissero essere cucinati»
La storia ha degli elementi di favola, che lambiscono il realismo magico, tutto è avvolto da un’atmosfera romantica, a volte smielata, è molto presente quella pacatezza di sentimenti tipica degli autori giapponesi, ma questi aspetti delicati sono bilanciati da altri inaspettatamente crudi: una corposa e accurata descrizione della macellazione di un animale attraversa un intero capitolo, e nonostante sia scritto in un’ottica di rispetto e celebrazione dell’essere vivente, ha suscitato molte polemiche.
Le descrizioni del cibo, la scelta delle ricette da parte della protagonista, le fasi di preparazione delle pietanze servite al ristorante, sono deliziose e un po’ sognanti e si percepisce come l’autrice sia un’appassionata di cucina (al momento della pubblicazione del libro condivideva molte ricette sul suo sito).
«Il piatto dell’amore era pronto: aggiunsi solo un po’ di sale, convinta più che mai che la passione non avesse bisogno di condimenti superflui»
È un libro delicato e insolito, una storia fatta di tanti piccoli elementi, di tanti piatti diversi come le emozioni che racconta.
3. Lucy Knisley, Relish, First Second, 2013
Lasciatemi fare l’anglofona per un momento e utilizzare i termini più appropriati per descrivere questo libro, termini di cui, purtroppo, non trovo un corrispettivo altrettanto chiaro in italiano. Questo libro è un food memoir, un’autobiografia, quindi, in cui la storia personale è una storia di rivelazioni culinarie, in cui il racconto della crescita procede di pari passo alla scoperta del cibo, ed è una graphic novel, che potremmo riduttivamente chiamare fumetto.
Mi faccio subito perdonare dicendovi che ne esiste la traduzione italiana, edita da Rizzoli, con un titolo, anche stavolta, un po’ fantasioso “Acquolina, la mia vita tra i fornelli” che poco ha a che fare con il titolo originale Relish, citazione tratta da un romanzo di Ray Bradbury, un termine con il doppio significato di “salsa, condimento” e “gustare, assaporare” e che, associato all’illustrazione di copertina della protagonista sognante, in procinto di assaggiare un’oliva, ha tutto un altro impatto sul lettore.
Lucy Knisley è una fumettista e illustratrice americana, letteralmente cresciuta in mezzo al cibo. La madre chef della propria attività di catering, con esperienze in importanti cucine di New York, il padre appassionato gourmet e raffinato estimatore del buon cibo, lo zio con il suo negozio di specialità alimentari: ogni momento della vita dell’autrice è collegato al ricordo di un sapore, di un piatto, di una ricetta.
Questa autobiografia è una mappa della sua vita attraverso il cibo: ad ogni fase, ad ogni età, corrisponde una storia legata ad esso, un’emozione associata ad un piatto, perfettamente rievocata da parole e disegni.
«My memories were formed in conjunction with my palate»
Il racconto di queste esperienze è piacevole e immediato, mai pretenzioso. Nonostante si tratti di esperienze non proprio comuni, a cui non tutti hanno avuto accesso, è facile identificarsi con la ribellione adolescenziale che passa dal cibo spazzatura, con il desiderio di imparare a cucinare biscotti perfetti per avere sempre un’attività consolatoria a cui dedicarsi, con la sperimentazione di nuovi sapori esotici durante i primi viaggi, con il formare il proprio palato lasciandosi l’infanzia alle spalle e affrontando la scoperta del mondo e dell’età adulta attraverso piatti nuovi ed eccitanti.
«The croissant exploded with warm, gooey apricot jam, which seeped from the inside of the moist, freshly baked pastry»
È molto bella la riflessione su quanto il nostro gusto sia influenzato da quello dei nostri genitori, su come inevitabilmente l’esposizione ad una grande varietà di cibo fin da piccoli lasci delle impronte una volta adulti e su come, nonostante quei giusti moti di indipendenza, si finisca sempre per somigliare un po’ ai propri genitori, anche nell’amore per i formaggi ad esempio.
Ogni capitolo si conclude con la ricetta illustrata del piatto maggiormente rappresentativo di quel momento della vita dell’autrice, e nonostante nutra dei dubbi su alcune di queste ricette (vedi la Carbonara con burro e pancetta) sono talmente belle da vedere e divertenti da leggere che danno ancora più spessore al libro.
Quello che rimane è l’amore per il cibo, per tutto il cibo, e la storia affascinante di una vita spesa a sperimentare, provare ed assaggiare.
Fuori menù:
Dal libro Sweetbitter è stata tratta una serie tv, purtroppo non rinnovata dopo la seconda stagione. Il libro è superiore, ma nel complesso una visione piacevole. La trovate su Starz.
Jamie Oliver, che ha sempre un fiuto pazzesco, ha realizzato un reality in collaborazione con Penguin Books: 18 aspiranti food writer si sfidano per ottenere un contratto editoriale e pubblicare il loro primo libro di cucina (lo so, non dite niente). Si chiama The Great Cookbook Challenge e trovate la prima stagione su YouTube.
Keith McNally è un ristoratore, proprietario di molti importanti locali di New York, tra cui Balthazar (SATC anyone?) e ogni tanto pubblica sul suo account Instagram i report dei capo camerieri dei suoi locali. Se avete apprezzato l’atmosfera di Sweetbitter non potete perderli.
4. Luca Iaccarino, Cacio ℰ Pepe, Due detective al ristorante, Mondadori, 2022
I gemelli Francesco, detto Cacio, e Penelope, detta Pepe, hanno dieci anni e nonostante l’età possono già vantare un raffinatissimo palato. Tutto merito della madre, Cesira Strapazzi, spietata critica gastronomica che, sull’autorevole rivista Pane e Odio, stronca i sogni di chef e aspiranti cuochi distruggendo le loro speranze con crudeli recensioni. Improvvisamente Cesira scoprirà di aver perso il senso del gusto e i due fratelli si trasformeranno in investigatori per scoprire chi ha avvelenato la madre.
Luca Iaccarino, giornalista gastronomico del Corriere della sera, ci regala un racconto ironico del mondo food, con le sue ossessioni e rituali, illustrato in maniera deliziosa da Laura Proietti.
«Siamo al ristorante Il Trono di Forchette, uno dei più famosi al mondo, e stanno per servirci il celebre piatto Viaggio controcorrente di un capitone depresso»
Un po’ Ratatouille un po’ Piccoli Brividi questo giallo è una prima lettura perfetta da fare in autonomia, ma è soprattutto un’ottima metafora per comprendere il potere del cibo e come la cultura passi anche attraverso la scoperta e la condivisione della buona cucina, onesta e sana.
«La cucina è felicità e allegria, e tu l’hai trasformata in dolore e punizione»
Ci ricorda che l’educazione dei nostri figli avviene anche a tavola e che prima si comincia a far scoprire loro tutte le meraviglie culinarie disponibili, meglio è. Per simpatici ficcanaso. (Età consigliata: 6-9 anni).
5. Emanuela Bussolati, Federica Buglioni, Storie in frigorifero, Editoriale Scienza, 2015
Ventisei storie legate al cibo, avventurose e divertenti, sull’origine di alcune pietanze, su tradizioni culinarie di tutto il mondo o fatti storici legati all’alimentazione, corredate da curiosità e aneddoti, pensati per i bambini, ma che piaceranno anche agli adulti (conoscete il motivo per cui la vitamina C si chiama acido ascorbico? O perché dobbiamo a Napoleone l’invenzione della Nutella?).
C’è grande attenzione a mostrare il cibo come qualcosa che unisce, che indica condivisione e familiarità. Viene sottolineato quante siano le tradizioni culinarie diverse dalle nostre, non per questo meno valide, che andrebbero scoperte e accettate.
«Quando popoli diversi s’incontrano, quasi sempre nascono nuove squisite ricette»
Sembra quasi un libro di scuola, ma non lasciatevi ingannare, si tratta di storie avvincenti, di grandi ingiustizie che bisogna imparare a riconoscere, e di grandi tradizioni di popoli che si incontrano e si contaminano. Storie di piatti semplici, che tutti i bambini vedono sulle tavole di casa, ma che raccontano il viaggio di un’umanità intera. Sono concetti che, probabilmente, i ragazzi si sentono ripetere spesso a scuola, ma che letti in questo modo hanno tutto un altro sapore.
Questo libro è un invito a viaggiare, ad assaggiare, a costruirsi un proprio gusto partendo dalle abitudini di casa, su cui innestare scoperte ed esperimenti. È un modo per ricordare che molti classici della cucina italiana nascono da ingredienti originari di paesi lontanissimi, che senza lo spirito di avventura di persone straordinarie di ogni epoca forse non avremmo mai assaggiato.
«In cucina dietro ogni parola è nascosta una storia»
Essere avventurosi, nella vita e con il cibo, non fermarsi alle apparenze, farsi guidare dalla curiosità, contaminarsi, crescere: sono questi gli ingredienti essenziali che le autrici propongono ai loro giovani lettori. Per piccoli divulgatori. (Età consigliata: 8-10 anni).
6. Dr.Seuss, Prosciutto e uova verdi, Giunti, 2002
Questo classico della letteratura per l’infanzia è probabile lo conosciate già tutti, ma se così non fosse correte a procurarvene una copia, che ci siano o no bambini nella vostra vita, perché, vi assicuro, sarà l’avventura più esilarante che potrete leggere.
Il lavoro di Dr.Seuss è complesso e si presta a molti livelli di interpretazione, ma, in questo caso, quello che preferisco è che il racconto sia una rocambolesca trasposizione in rima di tutto quello che un genitore è disposto a fare pur di far assaggiare del cibo ai propri figli schizzinosi.
«Non li voglio, detto Ferdi. Non mi piacciono prosciutto e uova verdi»
I due protagonisti, Nando detto Ferdi e Felice non Si Addice (di cui però non ci viene rivelato il nome), due creature un po’ strane, come le molte che abitano la fantasia di Dr.Seuss, si fronteggiano in un’incalzante filastrocca: uno cerca ogni espediente per far assaggiare il prosciutto e le uova verdi all’altro, mentre questo si ostina testardamente a rifiutare ogni fantasiosa soluzione che gli viene proposta, pur non avendo idea del sapore della pietanza (vi suona familiare?).
«Vuoi provare con la capretta? No davvero, che disdetta, non sopporto la capretta!»
Immagini sempre più assurde si susseguono concitate, insieme all’incalzante ripetizione delle formule dei due strampalati personaggi, fino a quando il sospettoso Felice deciderà finalmente di tentare l’assaggio.
«Ma una prova la puoi fare. Ti potresti anche sbagliare. Prova! Prova! Un, due e tre! Un assaggio…dai…per me!»
Non so quante persone, che abbiano avuto a che fare con bambini a tavola, non si sentiranno immediatamente solidali con le peripezie di Nando, e non avranno voglia, alla prima occasione disponibile, di ricordare ai propri piccoli la sfrenata ironia di questa storia. Per palati testardi. (Età consigliata: 0-99 anni).
Fuori (Baby) Menù:
Michelle Obama, da sempre attenta al tema dell’alimentazione nei giovani, ha prodotto per Netflix la serie Waffles + Mochi: la storia di due amici surgelati che escono dal freezer per scoprire le meraviglie del cibo in giro per il mondo.
Seguendo le tappe del Giro d’Italia Luca Iaccarino ha realizzato, in collaborazione con Italia.it, brevi video in ogni città attraversata dalla gara, mostrandone gli aspetti più interessanti e, soprattutto, le specialità gastronomiche più invitanti. Li trovate salvati tra i Reel del suo profilo Instagram.
Ancora svegli? Grazie come sempre per essere arrivati in fondo alla newsletter, che stavolta è abbastanza corposa, ma spero vi abbia fatto scoprire almeno un libro che amerete.
Adesso è finalmente giunto il momento di andare in vacanza, che per me vuol dire anche cucinare poco e leggere tanto, ma Sfoglia tornerà a farvi compagnia il secondo giovedì di Settembre, con un numero entusiasmante, di cui però non so assolutamente nulla, perché non ho più la forza di ragionare. Stay tuned!