Sara Savorelli ha 30 anni, ed è una fornaia. Tutte le mattine si sveglia alle 4 e in bicicletta raggiunge il forno nel centro di Ravenna in cui lavora, e alle 5 inizia la produzione. Questi orari non le pesano perché «quando hai dei lievitati sotto mano comandano loro, comanda la temperatura, non guardi l’orologio, non guardi il tempo che passa».
A Ottobre 2020 La Fornarina, forno storico di Ravenna, in Via di Roma dal 1908, ha riaperto con una nuova gestione e un prodotto tutto nuovo: pane fatto solo con lievito madre e farine biologiche macinate a pietra. Se questo potrebbe non sembrarvi una grandissima rivoluzione, per Ravenna si tratta di qualcosa di veramente pionieristico. Siamo in Romagna, qui la piadina domina incontrastata e nei confronti del pane non ci sono grosse pretese. Sapete cos’è il Ferrarese? Ecco, appunto.
Per questo quando ho visto l’insegna de La Fornarina, che per una fortunatissima coincidenza è a due passi da casa mia, la lavagna con i tipi di pane esposta all’ingresso, una proposta addirittura variata da un giorno all’altro, la dicitura “integrale 100%”, ho capito che, finalmente, qualcosa stava cambiando anche qui.
Poi sono entrata, mi sono guardata intorno, il banco era pieno di pane, tante pagnotte, filoni, cassette, esposti in bella vista e sugli scaffali, intorno all’esposizione, c’erano dei libri. Libri di cucina. Libri sul pane. Così ho conosciuto Sara.
Il pane: perché?
Io vengo da un percorso molto diverso, ho studiato fotografia e video, ma non riuscivo a tenere le mani fuori dalla cucina. Ho sempre fatto qualcosa in casa, dolci, lievitati, quindi a 25 anni, appena terminato il master in fotografia, ho iniziato a lavorare in cucina e sono partita da lì. Dopo qualche anno ho capito che la cosa che più mi attirava era proprio il pane, mi è capitato di seguire tutta la linea del cestino del pane e, tra l’altro, nei ristoranti panificavo con il lievito di birra, così a casa mi sono messa a sperimentare, ho fatto nascere un lievito, che poi è quello che usiamo adesso al forno (si chiama Sauro, lo so che volevate saperlo, n.d.r.) e ho deciso di specializzarmi in questo ambito e imparare di più. È un mondo magico, soprattutto con il lievito madre, perché è un altro modo di panificare. Quindi perché il pane, perché per me è incredibile vedere come a partire da pochissimi ingredienti, acqua, farina, lievito, possano nascere sapori sempre diversi. È un mondo affascinante perché ha mille sfaccettature.
Com’è nato Akâmì La Fornarina?
In passato avevo lavorato in cucina da Akâmì, ma non era stata la mia prima esperienza, ho lavorato anche al Boca Barranca a Marina Romea e successivamente al Marè di Cesenatico. Trascorso qualche anno ho trovato la mia strada nella panificazione e ho fatto esperienze lavorative per la formazione anche fuori Ravenna; contemporaneamente i miei attuali titolari, Marco Luongo e Jacopo Mutti, hanno preso in gestione nuovi locali e si sono ampliati nell’ambito di bar e ristorazione. Ci siamo ritrovati quasi per caso nel posto giusto al momento giusto, quando loro erano decisi ad aprire un forno con prodotti a lievitazione naturale ed erano prossimi all’apertura de La Fornarina. Ci siamo ritrovati dopo qualche anno di crescita e qualche esperienza in più e abbiamo avuto un pensiero condiviso da tutti, forte e solido.
Facciamo un passo indietro: quali sono i tuoi ricordi di cucina di quando eri piccola?
Entrambe le mie nonne avevano la caratteristica di ricordare sempre tutto a mente e di non scrivere mai niente, quindi in famiglia abbiamo dovuto provare a ricreare delle ricette, chiedendo loro “È come la facevi tu?” una cosa molto buffa. Un ricordo, invece, che ho e che consulto tutt’ora è il ricettario di mia madre, che ha sempre ritagliato ricette dalle riviste, dalle confezioni di biscotti o di lievito, e poi le ha fatte sue. È un piccolo raccoglitore, una sorta di collage dei sapori della mia infanzia. È una cosa molto bella e non scontata che si scrivano le ricette e anche l’impegno che è stato messo nel raccoglierle, ritagliarle, è molto bello.
Per iniziare a sperimentare con il lievito madre, invece, da dove sei partita?
Tutto è nato da esperimenti casalinghi. Più che altro leggevo dei blog e ho capito che non erano molto precisi, non erano molto tecnici, perché dare una ricetta con una certa quantità di farina, una di acqua, una di lievito è in realtà molto approssimativo, ci sono farine che assorbono un certo quantitativo di acqua e altre completamente l’opposto. È stato più che altro capire, anche senza provare troppe farine diverse, ma sempre con la stessa farina, cosa potevo fare, quanta acqua poteva bere, quanto lo potevo lasciar riposare, se mettevo più o meno lievito, se lo infornavo più o meno tardi, cosa succedeva, tutto questo solo con gli strumenti di casa. Sicuramente i libri sono la cosa migliore a cui affidarsi, perché è vero su Internet c’è di tutto, ma in particolare il libro di Vanessa Kimbell Il pane di pasta madre, quello per me è stato molto utile, perché è una poesia, ti parla del pane e ti fa dire “Ah, ok, non sono io che sono così fissata”, c’è davvero qualcosa di più, qualcosa che ci attira e ci porta a panificare, che ci rende sempre più curiosi. Mi piace anche molto il pane scandinavo, quello di segale, scuro, anche se la segale da impastare non è la mia preferita, ha la consistenza del cemento, ti si appiccica alle mani, assorbe tanta acqua, molto calda, bollente, sembra proprio malta quando la maneggi. Durante i miei viaggi in nord Europa ho comprato molti libri, anche in inglese, sul pane scandinavo e anche quelli sono stati una bella scoperta.
Eri spaventata all’idea di proporre un prodotto così diverso da quello a cui sono abituati i ravennati?
Dopo un anno di lavoro a Milano e un carico di entusiasmo nei confronti del pane a lievito madre sapevo che tornare a casa e proporre lo stesso prodotto in una città più piccola sarebbe stata una sfida. A Ravenna, così come in Romagna, siamo molto legati alla tradizione, far conoscere un prodotto diverso dal solito significa rompere gli schemi e le abitudini del pane che si porta in tavola tutti i giorni, che ci ricorda quando eravamo bambini. Ho imparato, però, che le farine e il sapore parlano da soli e c’è bisogno di poche presentazioni: quando si sente per la prima volta il sapore del grano, così abituati alle farine industriali, quando ci si stupisce di come il pane si conservi bene anche dopo diversi giorni, non si riesce più a tornare indietro. E poi, successivamente alla pandemia, questo gesto così semplice e antico di fare il pane in casa ha portato con sé inevitabilmente un carico di domande: quale farina scegliere per un pane più sano, che lievito usare. E abbiamo notato molta consapevolezza dei clienti nella scelta del prodotto, un diverso riguardo per le farine, un interesse per un’alimentazione più consapevole e salutare. È stato bello perché è nato un dialogo tra noi e i clienti su tutto il procedimento, sul tempo, la cura, l’attenzione e la sensibilità, cose che hanno iniziato a capire in molti.
Continuate, però, a fare molta sperimentazione.
È davvero un mestiere bellissimo, perché al forno, come in cucina, non si finisce mai di imparare. Ogni anno escono libri interessantissimi, è molto importante aggiornarsi, sia attraverso esperienze con colleghi di altri forni sia, quando non si può, partendo proprio dai libri. Io ho imparato da lì e infatti nei primi corsi che ho fatto non mi era proprio tutto nuovo, era più difficile per quelli che panificavano con lievito di birra, magari già fornai con le loro attività, piuttosto che per me che avevo letto, sperimentato a casa e quindi sapevo di cosa si stava parlando. È un mestiere in cui bisogna essere curiosi e affamati di provare e crescere. Per questo ci sono i libri al forno, perché quando vogliamo provare una cosa e ci ricordiamo che in quel libro c’è quella ricetta lo andiamo subito a consultare. Sono utilissimi e sono sempre una grande fonte di ispirazione e ricerca, anche magari per migliorare un prodotto, per vedere diversi modi di realizzarlo.
Delle girelle alla cannella (vi farei venire a Ravenna per assaggiarle, soprattutto la versione alla zucca, n.d.r.) abbiamo provato una marea di ricette, anche a casa, prima di arrivare a quella. Ho mille screenshot nel telefono, foto di pagine di libri, e poi quando modifico qualcosa, arrivo alla ricetta che cercavo, allora la scrivo. Quindi anche io ho tanti ricettari come quello che mi ha donato mia mamma. È divertente sperimentare perché puoi mettere veramente di tutto nell’impasto del pane, se hai voglia anche una verdura stagionale o un frutto. L’anno scorso abbiamo fatto il pane alle more, quest’inverno uno alla polenta e cime di rapa, oppure polenta e cavolo nero. Facciamo un pane alle cipolle stufate nel burro e nell’alloro. Si può davvero provare qualunque cosa.
Fai anche tanta ricerca sulle farine, penso al vostro “pane evolutivo”.
Il “pane evolutivo” è fatto con una «farina di popolazione evolutiva, ottenuta da un miscuglio di semi (tante varietà tutte insieme) che vengono coltivati, moltiplicati e selezionati in modo naturale di anno in anno in un campo di biodiversità» (definizione tratta dal sito n.d.r.). La farina di quel pane è di una ragazza marchigiana, Lucia Garbini, del molino Coste del Sole e per me quella farina è incredibile, perché si sente davvero il sapore del grano. Quando compri il pane negli altri forni più comuni, o al supermercato, non senti grandi differenze, di sapore e di consistenza, sembrano un po’ tutti uguali. Le farine Coste del Sole sono profumate, il pane ha un sapore, una crosta che spicca, senza mettere altro, solo acqua, farina, lievito e sale. I miei pani preferiti da mangiare sono il 100% integrale, il 100% farro o quello grani antichi, preferisco i sapori rustici, grezzi, li mangio a colazione con un filo d’olio e sale, è la colazione più buona che ci sia e per settimane è stato anche il mio pranzo.
Un fornaio di qualunque posto del mondo con cui vorresti lavorare?
Aurora Zancarano de Le Polveri di Milano per me è un mito, l’ho conosciuta quando ho lavorato da Crosta ed è bravissima. Mi piacerebbe andare a Copenhagen da Hart Bageri, i loro prodotti sono pazzeschi, il pane ha un sapore diverso da quello a cui siamo abituati in Italia: è un modo di fare pane e prodotti da forno che mi incuriosisce molto. Anche Marisol Malatesta e Simone Conti di Tilde forno, che macinano anche la farina, o Francesca Casci Ceccacci di Pandefrà a Senigallia. Fare delle esperienze in questi posti per me sarebbe molto importante.
A casa, invece? Ci sono libri di cucina?
I miei libri di cucina sono la cosa materiale a cui tengo di più. Li colleziono e mi seguono ovunque, quando mi trasferisco, anche per brevi periodi, viaggiano con me. A casa li tengo nella libreria in salotto, alcuni sono talmente belli che mi viene da esporli come sugli scaffali di una libreria, per far vedere la copertina. Mi piacciono molto i libri specializzati, magari di cucina etnica, cinese o messicana, quelli in cui trovi gli ingredienti più autentici, anche se difficili da reperire, ma ricette che so mi porteranno a quei sapori che sto cercando. Mi piacciono molto anche i libri di pasticceria, il mio preferito è Sweet di Yotam Ottolenghi. L’acquisto più azzeccato degli ultimi anni è stata la gelatiera quindi, soprattutto in questo periodo, un libro che consulto molto è Gelati di Lydia Capasso. Per ogni torta può esserci un gelato da abbinare, perciò se ti capita di invitare amici a cena o portare un dolce a casa di qualcuno, se porti la torta e il gelato abbinato fai un figurone!
Il libro di cucina scritto da Sara Savorelli: come sarebbe?
Un altro dei miei libri preferiti è The Lost Kitchen di Erin French che è diviso per stagioni, ogni stagione ha i suoi piatti, i suoi menù, partendo dal pane, insalata, pesce, dolce, addirittura i cocktail e ti racconta le sensazioni che si vivono in quella stagione: la rinascita in Primavera, la spensieratezza dell’Estate. Quindi sicuramente il mio libro sarebbe stagionale, probabilmente parlerei di cibi di conforto: i dolci, la colazione, piatti semplici, che ruotino intorno al pane e ai lievitati.
Domanda “hot”: pane o piadina?
Pane, sicuramente pane. La piadina è qualcosa che ti salva la cena, una cena veloce, la farina in casa ce l’hai e se hai del lievito, anche non rinfrescato, si può usare lo scarto: ho scoperto che nella piadina va benissimo.
Fuori menù:
per approfondire gli aspetti culturali e sociali della panificazione e capire come funziona la lievitazione naturale, su Netflix, la puntata Aria della docuserie tratta da Cooked di Michael Pollan
Laura Lazzaroni racconta le Le donne del pane per Food&Wine
3 libri di cucina consigliati da Sara:
Sono davvero entusiasta e grata di aver potuto condividere la storia e i pensieri di Sara, e la ringrazio di cuore, sia per avermi dedicato il suo tempo, sia perché mi permette di mangiare pane buonissimo ogni giorno. A voi è piaciuta questa chiacchierata? Ditemi le vostre impressioni!
Sfoglia torna il 14 Luglio con tre suggerimenti di libri di cucina che potrebbero essere risolutivi quando il caldo è tanto e la voglia di passare ore in cucina è molto poca. Non sono guide ai migliori delivery d’Italia, tranquilli.