Mancano 15 giorni all’inizio dell’autunno (ma chi li conta?!) e mi sento di fare una confessione, spinta dall’euforia per questo cambiamento imminente.
Io odio l’estate. E, in particolare, odio l’estate al mare. Odio il caldo che non lascia scampo (e vi prego non rifilatemi la leggenda metropolitana “al mare si sta freschi” perché mi altero ancora di più), odio la sabbia, che a fine Ottobre ancora te la ritrovi in qualche scarpa, nel risvolto dei pantaloni o sulle lenzuola, odio l’idea di passare tre quarti della giornata seminudi, costretti ad interagire con altri essere umani incomprensibilmente ciarlieri, considerato che solo pochi centimetri di lycra li separano dalla nudità integrale.
Odio anche che all’aumentare delle temperature corrisponde una speculare diminuzione del mio appetito, cosa che rende l’estate una stagione molto meno interessante dal punto di vista culinario rispetto ad altre. È vero si mangia tanto pesce, si possono fare le grigliate all’aperto, c’è il gelato e la frutta migliore dell’anno, ma, credetemi, quando queste esperienze sono letteralmente annacquate dalla traspirazione corporea faccio proprio fatica a godermele.
L’unica soluzione che mi consente di affrontare i mesi estivi traendone sensazioni positive è la vacanza in montagna. La montagna richiede di indossare vestiti e scarpe, l’aria è frizzante e la notte si dorme con una coperta, il paesaggio è meraviglioso, imponente, basta uno sguardo dalla finestra per sentirsi rigenerati e, soprattutto, la nostra montagna non è solo uno dei siti naturalistici più belli a mondo, ma è anche un paradiso culinario, con un’offerta enorme di piatti genuini e gustosi e dolci fantastici, da consumare senza particolari sensi di colpa, perché sinceramente dopo una salita impervia tra sassi e fango l’unica domanda da farsi è: “una fetta o due?”.
Quando ho iniziato a pensare ai libri da proporvi in questo numero ho capito che il filo conduttore della selezione non sarebbe stato tanto l’appartenenza geografica, o la cucina tipica di alcune regioni italiane, ma quella sensazione di comfort, di calda accoglienza, che diventa una necessità nei luoghi in cui la vita è più dura, in cui quello che la natura fornisce è essenziale per la sopravvivenza della comunità e dà vita ad un’offerta culinaria particolare, da scoprire e celebrare.
Forse non è oggi, non sarà domani, ma un giorno, tra qualche settimana, spero tornerete a questa mail e troverete proprio quello che vi serve per scacciare la malinconia da fine dell’estate, grazie a questi 3 libri di cucina dove l’aria è fresca.
1. Miriam Bacher, Franco Cogoli, Semplice e buono, la cucina autentica delle Dolomiti, Athesia, 2019
La cucina di montagna è nata dall’autosufficienza del popolo contadino e si è evoluta fino a vivere oggi un momento di grande splendore e rivoluzione. Questo libro raccoglie 80 ricette tradizionali, tramandate in Alto Adige attraverso le generazioni.
È strutturato come un ricettario classico diviso in primi piatti, secondi, contorni e dolci a cui si aggiungono capitoli speciali di approfondimento sui piatti più rappresentativi come il pane di segale e i canederli. Oltre alle pietanze più classiche, gli spätzle, lo stinco, e il super energetico “uova speck e patate”, sono state inserite ricette di piatti con ingredienti inaspettati, che non sempre capita di assaggiare nei rifugi: la zuppa di trippa, il brodo con fettine di milza e i piatti a base del buonissimo Graukäse (il formaggio grigio).
Athesia è la casa editrice più antica dell’Alto Adige e ha l’obiettivo di mostrare la bellezza di questa regione attraverso una grande varietà di aspetti: tempo libero, benessere, cultura della montagna e, ovviamente, cucina. Se volete approfondire la vostra conoscenza della cucina tipica delle Dolomiti il catalogo di questo editore è davvero ricchissimo: ricettari generici, di cuochi famosi, ma anche piccole monografie sulle specialità più rappresentative.
Ho scelto questo titolo in particolare, comprato in una cartoleria/bazaar in Val Gardena, ancora avvolto nel cellophane, semi nascosto tra le cartine dei sentieri per mountain bike e le calamite di marmotte con il cappello da Alpino, per tutti i riferimenti storici e le interessanti spiegazioni dei prodotti tipici, per le ricette semplici e ben contestualizzate e, soprattutto, per le foto.
Bastano poche pagine, qualche occhiata a questi scatti per teletrasportarsi nella propria baita del cuore, davanti ad una birra fresca, distrutti dopo una lunga camminata, o con le mani a coppa che si scaldano sui bordi del piatto di canederli in brodo fumante, con i piedi ancora doloranti negli scarponi appena slacciati.
«È davvero una gioia, dopo una giornata di sci o una lunga passeggiata in montagna, fermarsi ad assaporare queste genuine prelibatezze»
Ogni capitolo è ricco di ricette, di ogni piatto viene dato il nome originale e l’abbinamento con il vino più adatto, le spiegazioni sono semplici e schematiche e hanno il merito di far sentire queste ricette molto più alla nostra portata di quanto avremmo pensato assaggiando i piatti.
L’aspetto che ho subito apprezzato di questo libro è la completezza: è una panoramica quasi esaustiva della cucina altoatesina, perfetto sia per chi si avvicina per la prima volta a questa cultura gastronomica, sia per chi ne è già appassionato. Sono trattati, infatti, anche grappe, succhi e marmellate, tra cui compaiono alcuni dei miei ingredienti preferiti in assoluto: i mirtilli rossi, la cui composta è essenziale per la crostata Linzer o la torta di grano saraceno, lo sciroppo di fiori di sambuco, base dell’Hugo, un cocktail aperitivo fresco e leggermente dolce che vi consiglio di assaggiare, e il pino mugo, usato nel libro per la grappa, ma che, non essendo una grande esperta di liquori, vi suggerirei di provare come ingrediente del gelato (giuro!).
Pur essendo un libro ricco di informazioni, un racconto delle tradizioni sudtirolesi, dello stretto legame tra la vita contadina e la cucina, riesce a comunicare la poesia di questi luoghi, grazie anche alle foto, che alternano panorami incredibili, come le Tre Cime avvolte dalle nuvole, a ritratti di signore intente a cucinare nelle vecchie stuben, a primi piani di piatti che scaldano il cuore anche solo alla vista.
«In autunno, quando le giornate si accorciano, le foglie cambiano colore e le temperature si abbassano, ci si incontra per degustare i frutti che durante l’estate sono maturati e sono poi stati raccolti: è il periodo del Torggelen»
Il libro si chiude con un interessante capitolo dedicato al vino, in cui sono indicate le eccellenze del territorio, le origini dei vini, le caratteristiche delle coltivazioni e il grande lavoro delle aziende vinicole.
È un libro un po’ serio, ma bello, forse un po’ “ruvido” ad un primo sguardo, ma in realtà pieno di quel calore e quella calma, che solo la montagna riesce a dare.
2. Chiara Scudelotti, Laura Toffaletti, Torte, crostate, dolci, dolcetti, biscotti e tante cose buone da fare in casa, Arsenale editore, 2008
Non so cosa mi piaccia di più di questo libretto: che si apra con una poesia di Rodari o che sia stato realizzato come un quaderno delle elementari, con la scrittura elegante e precisa di una maestra e delicate illustrazioni degli oggetti del quotidiano.
Questo piccolo tesoro (non vi agitate: ho controllato ora e direi che è ancora reperibile, pur avendo ben quattordici anni) mi è stato regalato dalla mia amica Carla ai tempi in cui, giovane e inesperta, non avevo ancora capito le potenzialità culinarie delle nostre montagne, quando passare l’estate in un paese di montagna mi sembrava poco entusiasmante e non il modo perfetto per ricaricare il cuore, e la pancia.
Come nel titolo precedente si nota subito il grande orgoglio per quei prodotti di eccellenza che si trovano solo in questi luoghi, che vengono introdotti e brevemente raccontati. Trattandosi di un libro sui dolci, in questo caso, i protagonisti sono il burro di malga, il miele, le castagne, le mele.
Un sapore di casa, di camino acceso, di torte da infornare mentre i bambini fanno i compiti al tavolo in cucina, permea questo libretto speciale che racchiude molte più indicazioni di quanto sembri.
Le tradizioni culinarie riportate, infatti, abbracciano veramente tutte le nostre Alpi: Val d’Aosta, Piemonte, Trentino, Alto Adige, spingendosi fino all’Austria con Sachertorte, Foresta Nera e quello che, per quanto mi riguarda, è il picco dell’arte dolciaria mondiale: il Kaiserschmarren, una “frittata” dolce (ma chiamarlo frittata è alquanto riduttivo) fatta con un quantitativo spropositato di uova, gonfia e soffice, saltata in padella nel burro, con uvetta, scaglie di mandorle e una pioggia di zucchero a velo, servita calda con salsa di mele o composta di ribes rossi (sto ancora decidendo quale sia il mio abbinamento preferito). Fidatevi, provate a farlo per una colazione speciale la domenica mattina, per coccolare qualcuno che non ha voglia di andare a scuola e vedrete che risultato: altro che pancake!
«Il buon latte e il burro di malga; il miele di montagna; castagne, noci, pinoli e altri piccoli semi, rendono inconfondibili e caratteristici tanti dolci e torte preparate in questi luoghi»
Per quanto riguarda la tipologia dei dolci trattati, nonostante il formato ridotto, troverete di tutto: torte, biscotti, dolci al cucchiaio, impasti fritti e crostate, tante diverse possibilità per soddisfare quella voglia di dolce che arriva automaticamente all’abbassarsi delle temperature (non sono sola, vero?).
3. Brontë Aurell, Scandikitchen, Fika & Hygge, Comforting Cakes and Bakes from Scandinavia with Love, Ryland Peters & Small, 2016
Per questo terzo titolo di Sfoglia vi chiedo di fare un salto, geografico e mentale, allontanandovi dalle nostre montagne per approdare in Nord Europa dove, certo, l’aria è fresca, ma soprattutto dove la natura, i boschi, i laghi ghiacciati, le temperature rigide e il silenzio creano un’atmosfera di pace e tranquillità molto simile a quella che associo alla vita di montagna. Probabilmente non è un caso che l’universo culinario della penisola scandinava abbia molti ingredienti in comune con i luoghi di cui abbiamo parlato finora.
Dietro questo libro, dietro il progetto Scandikitchen c’è - ovviamente - una storia, quella di Brontë e Jonas Aurell, una coppia, lei danese, lui svedese, che nei primi anni 2000 si trasferisce a Londra per motivi di lavoro e poco dopo si deve confrontare con quel sentimento di tristezza e solitudine derivato dalla mancanza della propria casa, dei propri affetti e delle proprie origini, che si traduce, inevitabilmente, anche nella mancanza del cibo e delle abitudini culinarie con cui si è cresciuti.
«Hygge means the sublime state of inner warmth or satisfaction you feel when you are spending time with loved ones and nothing else matters»
Questo sentimento è il motore che li spinge ad aprire nel 2007 “Scandikitchen” una caffetteria e negozio di specialità gastronomiche nordiche nel West End, un posto in cui incontrarsi per una chiacchierata davanti ad una tazza di caffè ed una fetta di torta (concetto che si traduce con il termine fika) e far sperimentare a tutti, scandinavi e non, quel senso di intimità e comfort che si prova passando del tempo con i propri amici in un’atmosfera accogliente e familiare (l’ormai celebre hygge).
Brontë Aurell è autrice di 7 libri di cultura e cucina scandinava e questo titolo mi è sembrato perfetto pensando all’arrivo della stagione fredda, alle giornate che si accorciano, al desiderio di passare più tempo al chiuso, indulgendo in dolci deliziosi e profumati e bevande calde.
Nell’introduzione sulla “dispensa scandinava” è subito chiara quella comunanza di profumi e ingredienti che ritorna nella cucina di montagna e in quella di Norvegia, Danimarca, Svezia e Finlandia: le spezie onnipresenti, come cannella, semi di finocchio e chiodi di garofano, le bacche come il ribes rosso, i cereali integrali, avena e segale su tutti.
«First and foremost I am a lover of sweet things, of spices and warm ovens»
Stupisce quanto ci venga raccontato della cultura scandinava, delle origini delle tradizioni casalinghe, pressoché sconosciute per noi stranieri (avevate forse bisogno di una conferma del fatto che i libri di cucina non sono mai “solo” di cucina?). Ogni ricetta indica il nome scandinavo del dolce (che vi sarà utilissimo nel prossimo pellegrinaggio in qualche bakery nordeuropea), lo introduce descrivendolo e contestualizzandolo culturalmente e storicamente e ne riporta la preparazione dettagliata, indicando gli ingredienti sia in grammi che nelle misure volumetriche (non so dirvi se nella traduzione italiana “Dolci Hygge”, edita da Luxury Books, sia riportata questa doppia indicazione).
Anche lo styling, come il contenuto, è curato in modo perfetto, il punto di bianco, la freschezza delle foto di Peter Cassidy, mi incantano ogni volta che lo sfoglio, perché leggendolo è impossibile non immaginarsi in una casetta di tronchi in mezzo al bosco, con la nebbia fuori che si alza dal lago, il camino acceso e il profumo di un dolce fantastico che lentamente riempie ogni stanza.
C’è molta poesia nel concetto di hygge, forse difficile da comprendere per noi popoli mediterranei abituati al sole, al caldo, alla possibilità di vivere tanta parte dell’anno all’aperto. Mentre chi si confronta con sfide come gli inverni lunghi e freddi, il buio costante che nasconde tutto, deve per forza trovare un modo per affrontare queste condizioni avverse, per evitare che da condizioni esterne diventino poi stati dell’anima. E la soluzione, in questo caso, passa anche attraverso il cibo e il legame, la connessione istantanea, che esso crea tra le persone.
Un altro aspetto interessante di questa cultura del ritrovarsi spesso in società, a godere di cibi deliziosi, è che per soddisfare tale esigenza si sono create molte ricette semplici e di facile realizzazione, che rendono possibile avere sempre una fetta di torta a disposizione.
«On a crisp, clear morning, you can savour the astonishingly beautiful Nordic autumn in all its glory»
Brontë Aurell racconta il suo mondo, le sue origini, ci offre una quantità di informazioni sulle abitudini del popolo scandinavo, a casa, a lavoro, che questo libro è godibile anche a prescindere dalle sue ricette (anche se ho difficoltà a immaginare che qualcuno possa resistere a lungo alla “torta appiccicosa al cioccolato bianco” o alle originali girelle alla cannella, i fantastici Kanelbullar). È davvero impossibile non trovare qualcosa da provare in questo libro, per la colazione o una merenda speciale, per un’occasione da festeggiare. Ogni amante della pasticceria, di qualunque livello, troverà il dolce più adatto a scaldare i lunghi pomeriggi autunnali mettendo in pratica i principi dell’hygge scandinavo.
Fuori menù:
“I ribelli del cibo” è uno splendido documentario di Paolo Casalis, che racconta la storia di quattro produttori dell’Alto Adige che, nonostante le difficoltà, portano avanti il loro credo di offrire alta qualità pur mantenendo la dimensione di realtà molto piccole
visto che Settembre perpetua un po’ la memoria di matrice scolastica del “nuovo inizio”, ecco quali saranno i trend alimentari del futuro, raccontati da Chiara Di Paola su Linkiesta.it
Vorrei dirvi che il bollitore è sul fuoco per il tè pomeridiano e una torta è in forno per la merenda, ma la triste realtà è che fanno ancora più di 30 gradi, per cui bisognerà rimandare i sogni autunnali ancora qualche giorno. Quando leggerete il prossimo numero di Sfoglia, però, sarà ufficialmente autunno: vi aspetto il 29 Settembre con un’intervista che vi porterà dentro una vera cucina romana e, chissà, magari vi svelerà anche qualche segreto culinario!