Sfoglia 3 libri di cucina per quando la voglia di leggere supera quella di cucinare
vite intrecciate di donne che amano il cibo e le parole
Questo numero di Sfoglia è un’immersione. È l’ingresso alla tana del Bianconiglio, che vi farà scendere in un vortice di connessioni, di coincidenze, di intrecci di vite, che sono poi la cosa che preferisco e che non riesco mai a trattenermi dal raccontare a chiunque voglia ascoltarmi.
Ragionando sull’ argomento da trattare sapevo solo che questo sarebbe stato un numero di riposo dalla cucina, un numero più concentrato sulla letteratura gastronomica che sulle ricette, per distrarci un attimo dalle fatiche culinarie natalizie e godere dello stato di ibernazione tipico del mese di Gennaio, grazie a libri che richiedessero principalmente di essere tenuti in mano.
La scorsa primavera ho iniziato a leggere My Life in France, l’autobiografia di Julia Child scritta a quattro mani con il nipote Alex Prud’homme (un libro che non ho inserito tra i tre selezionati, ma che ovviamente vi consiglio) dopo aver visto Julia, la serie di HBO Max, che aveva risvegliato il mio interesse per questa donna, una figura rivoluzionaria ed emblematica nella cultura americana, ma non altrettanto conosciuta e considerata in Italia.
Credo che Mastering the Art of French Cooking sia un titolo imprescindibile in una buona biblioteca gastronomica. Lo userete mai? Probabilmente no, ma per il modo in cui è realizzato, per come sono scritte le ricette, già a partire dall’elenco degli ingredienti, per il tono e lo scopo del libro, andrebbe assolutamente letto. È un libro di cucina che ha innescato una vera rivoluzione culturale, mettendo non tanto la cucina francese, quanto le esigenze e le capacità delle donne americane al centro dell’attenzione. Nell’introduzione di My Life in France l’autore scrive che Julia Child «lamented that in her day the American housewife had to juggle cooking the soup and boiling the diapers - adding, “if she mixed the two together, imagine what a lovely combination that would make!”».
Dicevamo: connessioni. In Autunno, dopo la triste scomparsa di Julie Powell, autrice del famosissimo blog Julie/Julia Project, ho deciso di rileggere il suo libro, che avevo letto parecchi anni fa tradotto, e sono rimasta colpita nel trovarlo molto differente da quanto ricordassi, probabilmente perché, in realtà, il ricordo più vivido era quello del film tratto dal libro, sceneggiato e diretto da Nora Ephron nel 2009.
Ho rivisto il film (vi avevo avvisato che era un vortice) ed ecco che mi ha colpito la connessione che non avevo visto, quello che davvero mi sarebbe piaciuto raccontare.
Julia Child, Nora Ephron, Julie Powell: tre donne di tre generazioni diverse, tutte e tre purtroppo scomparse in anni e momenti differenti della loro vita. Julia, molto anziana, a 91 anni, pimpante e allegra fino all’ultimo, come era sempre stata; Nora a 71, non giovanissima, ma prematuramente scomparsa a causa di una malattia; Julie, giovane, colpita da un attacco cardiaco a soli 49 anni.
Tre autrici che hanno lasciato un segno, strettamente legate tra loro dall’amore per il cibo e la scrittura, ognuna connessa al lavoro dell’altra, in una catena di ispirazioni impossibile da ignorare. E nel cammino di queste tre donne altre donne che si incontrano, altri nomi, che faranno brillare gli occhi a voi, che come me, adorate le storie fatte di cucina e di parole.
1. Julie Powell, Julie and Julia: My Year Of Cooking Dangerously, Back Bay Books, 2005
«Why, Julie? Why Julia? Why now?»
Ad Agosto 2003 Amanda Hesser scrive sul New York Times (sì, quella Amanda Hesser, la stessa che ad un certo punto creerà Food52) un pezzo intitolato “A Race To Master The Art Of French Cooking” in cui racconta l’impresa della trentenne Julie Powell che, quasi un anno prima, ha deciso di cucinare tutte le ricette di Mastering the Art of French Cooking, raccontando quotidianamente la sua avventura/disavventura in uno dei primissimi blog di cucina (che all’epoca si chiamavano ancora Web log).
Dall’articolo di Hesser risultano chiare alcune caratteristiche che emergeranno nel libro: lo stile di Julie Powell, la sua voce cinica e un po’ volgare, l’eccezionalità dell’impresa in cui si è lanciata, non tanto per la difficoltà di esecuzione (cucinare 524 ricette, vecchie di quasi 50 anni, in un anno) ma piuttosto perché Julie Powell sembra essere la persona meno adatta al mondo a prendere in mano l’eredità di un’icona come Julia Child.
«Some of Ms.Powell’s language, in person and on her Web log, is very tough. Some of it is very funny» scrive Amanda Hesser nell’articolo. La cena a cui la giornalista è invitata è un episodio raccontato nel libro e ciò che se ne ricava è la grande approssimazione dell’approccio di Julie, il caos che domina la sua vita e la sua cucina.
«It was about a hundred degrees in the kitchen. Poor Amanda Hesser’s forehead was damp with perspiration, but she did not complain. Neither did she physically cringe from touching anything, even though all around me I could see the sticky, dusty, cat-hairy indication of my pathetic housekeeping»
Julie Powell è una segretaria in un ufficio governativo, un lavoro deprimente e senza sbocchi futuri, vive nel classico minuscolo appartamento a Long Island City con il marito, tre gatti e un pitone. Ha una cucina tipicamente newyorkese: senza ventilazione, senza lavastoviglie e che affaccia su un muro in cortina. In questo ambiente, chiaramente discutibile da un punto di vista igienico, cucina, per una famosa food writer del New York Times un rognone di vitella in casseruola e lo fa a piedi nudi, tanto che, come racconta nel libro, Hesser le consiglia educatamente di acquistare degli zoccoli.
Julie Powell è brutalmente onesta nel mostrare ogni aspetto della sua vita: dall’aver donato in due occasioni i propri ovuli, una per pagare il debito della sua carta di credito, all’essere stata una bambina precoce, tanto ossessionata dai segreti di uno strano libro del padre, The Joy Of Sex, quanto dal manuale di cucina di Julia Child, che definisce il suo “secondo assaggio di peccato”.
Non romanticizza in alcun modo la sua impresa culinaria, non nasconde il momento di sbandamento esistenziale in cui si trova, il motore che la spinge a dare una struttura alla quotidianità che la deprime, cucinando senza sosta per non dover pensare ad altro. Non nasconde mai la sua natura nevrotica, le crisi, i fallimenti e i problemi che il progetto creerà al suo matrimonio, nonostante dipinga il marito Eric come comprensivo, amorevole e sempre pronto a sostenerla.
Nel 2009 Nora Ephron adatta e dirige il film tratto in parte da questo libro, in parte da My Life in France (pubblicato un anno dopo Julie and Julia) che sarà il suo ultimo film. Perché ci interessa direte voi? Perché Nora Ephron ci ha mentito.
Non fraintendetemi, io venero Nora Ephron, ho anche una t-shirt con il suo nome scritto gigante in stampatello fucsia che, insomma, dovrebbe darvi la misura della mia stima. Ma il personaggio interpretato nel film da Amy Adams non è Julie Powell.
La ragazza innocente e sognante non è la feroce, cinica, irriverente autrice che parla tanto di sesso, impreca, che usa similitudini con carneficine per descrivere il proprio cibo e racconta di lavelli sommersi dai piatti sporchi, rubinetti intasati e tubi di scarico invasi dai vermi.
«What got lost in the translation to book and film is how dark the original blog posts could be» nota Julia Maskin sul New York Times nel profilo della scrittrice pubblicato dopo la sua morte (“Julie Powell took food writing to a franker, darker place”).
Non credo che Julie and Julia sia il miglior film di Nora Ephron e riguardarlo dopo la serie Julia mi ha fatto mettere in discussione anche le performance degli attori (non di Tucci, Tucci non si tocca). Ma è il suo ultimo film, prima della morte nel 2012, e lo realizzò già malata, senza rivelare a nessuno le sue condizioni, e questo credo sia indicativo.
Questa pellicola era il suo progetto del cuore e, probabilmente, il suo intento era fare un film sull’amore, sul matrimonio che funziona quando nella coppia ci si sostiene a vicenda. Probabilmente la regista cercava, alla fine, un racconto di riscatto dai suoi stessi fallimenti amorosi e un modo per rendere omaggio al suo terzo marito e vero compagno di vita.
Ma è importante ricordare che il cibo, e la cucina, sono raccontati da Julie Powell in una maniera assolutamente nuova. Il suo modo di esprimersi, a volte scandaloso, fastidioso, incoerente, avrebbe forse meritato più attenzione di quella che avuto e il riconoscimento di un suo valore intrinseco, al di là della correlazione con Julia Child.
Nel 2009 Powell pubblica il suo secondo libro “Cleaving: A Story of Marriage, Meat and Obsession”, un racconto onesto del “dopo”, che non sarà accolto con entusiasmo dai suoi lettori. Con la sua caratteristica onestà scardina, in questo libro, il mito del suo matrimonio perfetto, confessando una lunga relazione extraconiugale che la porta a rifugiarsi in una nuova ossessione: imparare l’arte della macelleria attraverso un apprendistato da un macellaio. Anche in questo caso non tace nulla: gli aspetti più torbidi del rapporto con un ex compagno di college, la difficoltà del marito di accettare la relazione e la conseguente infedeltà di lui.
Julie Powell non pubblicherà altro, se non sporadicamente articoli su giornali e riviste. Comparirà ad un certo punto su Twitter, luogo virtuale (un tempo) elettivo ritrovo di intellettuali e scrittori, da cui sarà comunque assente per lunghi periodi.
Julie e Julia non si sono mai incontrate e, secondo alcune voci, Julia Child, messa a conoscenza del progetto e forse letto qualcosa del blog, si sarebbe fermamente opposta ad avere a che fare con questa sfruttatrice della fama altrui. Eppure è stata proprio Julie Powell a riportare l’attenzione su Mastering the Art of French Cooking, facendone di nuovo schizzare le vendite e dandogli quella visibilità globale che forse non aveva ancora avuto.
2. Nora Ephron, Heartburn, Alfred A. Knopf, 1983
«Heartburn. That it seemed to me as I lay in bed, was what I was suffering from. That summed up the whole mess: heartburn»
Non sarò io, oggi, a farvi scoprire l’acqua calda consigliandovi questo libro, ma parlando di intrecci non potevo non includerlo. Andiamo con ordine.
La traduzione italiana ha un titolo, Affari di cuore, abbastanza incomprensibile, che nulla ha a che fare con l’acume del titolo originale. “Heartburn” significa bruciore di stomaco, quello che tipicamente flagella le donne sul finire della gravidanza e che la protagonista del libro sperimenta in senso stretto, perché incinta di sette mesi quando si svolge la storia, ma anche concettualmente, come “bruciore del cuore”, quando scopre che il marito la sta tradendo con una donna “incredibilmente alta” di cui dice di essere innamorato.
È un romanzo autobiografico in cui Nora Ephron racconta il fallimento del suo secondo matrimonio con il famoso giornalista del Washington Post Carl Bernstein (avete visto “Tutti gli uomini del Presidente”? Sarebbe Dustin Hoffman) il tipico narcisista, megalomane ed egoista da cui, con grande fatica, riesce a separarsi, pur essendone molto innamorata.
«At one point over the weekend Mark asked me how I made my vinaigrette, but I wouldn’t tell him. I figured my vinaigrette was the only thing I had that Thelma didn’t (besides a pregnancy) and I could just see him learning it from me and them rushing over to her house with a jar of Grey Poupon mustard (the essential ingredient) and teaching her the wrist movement and dancing off into a sunset of arugola salads»
La protagonista Rachel Samstat è un’autrice di libri di cucina newyorkese e ha un programma televisivo sulla tv nazionale. Con arguta ironia racconta la società in cui vive, quella di New York e di Washington, e i personaggi che la animano, in modo così divertente che è inevitabile, in alcuni passaggi, ridere a voce alta. Ma ciò che rende davvero speciale questo libro è il condimento costituito dall’elemento cibo, che è metafora, occasione, mezzo di comunicazione.
Una passione vera quella di Nora Ephron per il cibo, di cui ha sempre compreso la potenza narrativa, l’importanza del legame con la memoria, con la convivialità, tanto da pretendere sul set di Julie and Julia che gli attori mostrassero sempre quanto fosse buono il cibo che stavano mangiando, anche se questo non veniva inquadrato.
L’amore per il cibo si vede in ogni suo articolo, saggio, sceneggiatura. È presente nel modo di ordinare “ad alto mantenimento” di Sally Allbright in Harry ti presento Sally («Io l’insalata dello chef, ma con olio e aceto a parte, e poi la torta di mele. Ma la torta la voglio riscaldata e non ci voglio il gelato sopra, lo voglio a lato e che sia di fragola, non di crema se possibile, se no niente gelato, solo panna. Ma panna vera, se è in lattina allora niente») ed esplode come suo testamento finale in Julie and Julia.
In una scena del film, mentre con la frusta lavora il ripieno al cioccolato per una pie, Julie dice: «You know what I love about cooking? I love that after a day when nothing is sure, and I mean nothing, you can come home and absolutely know that if you add egg yolks to chocolate and sugar and milk, it will get thick».
In Heartburn, che è pieno di citazioni e riferimenti a Julia Child, Rachel, raccontando come ha fatto del cibo il suo lavoro scrive: «What I love about cooking is that after a hard day, there is something comforting about the fact that if you melt butter and flour and then hot stock, it will get thick!».
Insomma, ci siamo capiti, connessioni.
3. Joan Reardon (ed.), As Always, Julia: The Letters of Julia Child and Avis De Voto, Houghton Mifflin, 2010
«Pictures arrived this morning…I am so damn happy to have them and thank you both from the heart. All from one kitchen knife. It was a miracle, wasn’t it? To think that we might easily have gone through life not knowing each other, missing all this free flow of love and ideas and warmth and sharing…We share really almost everything»
Avis De Voto to Julia Child, September 1, 1956
Nel 1952 Julia Child vive a Parigi già da alcuni anni, si è diplomata al Cordon Bleu e ha fondato la sua scuola di cucina, L’École des Trois Gourmandes, con le francesi Simone Beck e Louisette Bertholle.
Bernard De Voto vive a Cambridge, Massachusetts, è un giornalista, scrittore, storico, vincitore del Premio Pulitzer e firma una rubrica su Harper’s Magazine. In uno dei suoi articoli dichiara che la sua unica missione è quella di “ottenere per la casalinga americana un coltello da cucina con cui possa effettivamente tagliare qualcosa”, criticando i coltelli americani in acciaio inossidabile, pessimi nel mantenere il filo, e raccontando la sua continua ricerca di un coltello in acciaio al carbonio.
Julia Child legge quest’articolo e, infervorata dall’argomento coltelli, al quale terrà sempre molto, scrive una lettera a De Voto, complimentandosi per aver affrontato la questione e inviandogli, come segno di stima, un coltello francese.
A questa lettera risponderà Avis De Voto, moglie di Bernard e sua segretaria, colpita dal dono di Julia e dalla sua presentazione di se stessa come di una studiosa della cucina francese.
Inizia così, per caso, per dei coltelli, una fitta corrispondenza e un’amicizia che durerà quasi 40 anni, tra due donne sconosciute che arriveranno a confidarsi sentimenti, aspirazioni, desideri e momenti privati, senza mai essersi incontrate. «We had grown really fond of Avis. Odd, to feel as though you knew someone quite well whom you had never met» racconta Julia in My Life in France.
I De Voto e i Child si incontreranno per la prima volta tre anni dopo quella lettera, ma la corrispondenza andrà avanti, fitta e costante, durante tutti gli spostamenti motivati dal lavoro di Paul Child, accorciando le distanze tra America e Francia, Germania, Svezia, fino a quando Julia e Paul decideranno di tornare a vivere negli Stati Uniti, scegliendo Cambridge, e la vicinanza ad Avis, come casa.
Questo libro raccoglie tutta la corrispondenza tra Julia ed Avis, dal 1952 al 1961, anno di pubblicazione di Mastering the Art of French Cooking, anche se la relazione epistolare e l’amicizia andranno avanti fino alla morte di Avis nel 1989.
Ciò che lo rende una lettura entusiasmante e commovente non è solo l’opportunità di assistere alla nascita di un rapporto tanto speciale tra due personalità uniche, ma anche di scoprire, lettera dopo lettera, la nascita di un libro di cucina che ha fatto la storia, innegabilmente parte della cultura americana e che, come abbiamo visto, ha influenzato tante donne delle generazioni successive.
«Don’t compromise - you know what you are doing, and you don’t want to turn out a hybrid cookbook. This is a discipline, and it mustn’t be watered down»
Avis, con il suo modo di scrivere intelligente ed acuto, salta fuori dalla pagina come una donna veramente eccezionale. Non è solo segretaria del marito, è una donna colta, che ama viaggiare, è un’ottima cuoca e una gourmet, recensisce romanzi gialli per il Boston Globe e si muove con sicurezza nei circoli intellettuali e nel mondo editoriale di Harvard, Boston e New York.
È proprio Avis a riconoscere immediatamente la bontà del progetto di Julia e, dopo averne ricevuto in anteprima un capitolo, è lei a mettere in moto una lunga catena di eventi che porterà finalmente alla sua pubblicazione.
Julia e Avis affrontano nelle lettere ogni argomento, esattamente come due amiche animate dagli stessi interessi. Molte conversazioni riguardano le ricette, gli ingredienti e la difficoltà di reperirli in USA, i nuovi marchingegni elettrici che stanno comparendo sul mercato, soprattutto americano, per facilitare la vita delle donne in cucina, ma man mano che il loro rapporto si fa più profondo l’oggetto si sposta sul preoccupante clima politico del tempo, sull’età che avanza, sul dolore e la morte e su come affrontare la solitudine (Bernard De Voto muore nel 1955 per un attacco cardiaco) sul rispetto, l’affetto e il sostegno tra queste due donne unite dal caso, che si specchiano l’una nelle parole dell’altra.
Fuori menù:
La realizzazione del film Julie and Julia raccontata dai suoi protagonisti
Nel 2022 è uscito un documentario su Julia Child, prodotto da Brian Grazer e Ron Howard, con filmati e immagini di archivio inediti, perfetto se volete finire “nel vortice”
Un giorno vi racconterò del fascino irresistibile che esercitano su di me i dettagli e le informazioni inutili, di quanto mi sono inspiegabilmente gasata scoprendo una frase quasi identica in un libro e in un film, scritti dalla stessa persona. Ma, forse, lo avevate già capito.
Sfoglia riprende da oggi il suo solito ritmo e ci rivedremo il 9 Febbraio per parlare di libri di cucina e per introdurre, spero, qualche golosa novità. Bon Appetit!
che meraviglia! quante connessioni, richiami, riflessi e riflessioni. Io ho scoperto Julia Child grazie a Julie and Julia, il film, e mi sono innamorata definitivamente di lei grazie a My Life in France. Avevo quasi voglia di rileggerlo, ma adesso invece mi dedicherò alle lettere tra Julia e Avis, mi hai proprio fatto venire voglia!
Grazie per questa corsa giù nella tana del bianconiglio. Sfoglia mi era proprio mancata!