Sfoglia 3 libri di cucina che ti fanno venire voglia di (imparare a) cucinare
i fondamentali con Allan Bay, Niki Segnit e Martha Stewart
Ieri è arrivato un pacco. Di per sé non è una grande novità, detto da una che ha un rapporto stretto di amicizia con quasi tutti i corrieri. E non è una novità neanche il contenuto del pacco: libri di cucina, tre nuovi bellissimi libri da aggiungere alla collezione, da sfogliare, studiare, sporcare un pò con la mano velata di farina.
La vera stranezza di questo pacco è stato l’odore. Appena ho tolto la pellicola dal primo volume ho sentito un profumo familiare, incompatibile con un libro, un profumo vero e proprio, fresco, non il classico odore di carta; ho aspettato di aprire il secondo libro ed ecco di nuovo lo stesso profumo, nelle narici, fino al cervello, che ne ha trovato l’origine: appretto!
Avete presente? Quello spruzzo che si mette sulle camicie prima di stirarle per renderle più lisce e profumate: appretto! Mi stavo ancora chiedendo cosa collegasse un magazzino pieno di libri con uno spray per inamidare camicie, quando boom: un ricordo, nitido, preciso, collegato a quell’odore. Il ricordo di me ragazzina delle elementari, che facevo i compiti a casa di mia nonna, seduta al tavolo rotondo del tinello, mentre mia zia stirava (soprattutto camicie, con spropositati quantitativi di appretto), e al di là della nuvola di vapore del ferro, mia nonna in cucina a preparare il ciambellone.
Tantissimi ricordi della mia infanzia, della mia vita, sono legati al cibo, e sono certa di non essere sola in questo. Quando ero ragazzina i libri di cucina, quelli che ricordo in casa, erano molto diversi da quelli odierni, erano soprattutto ricettari, con tecniche e trucchi rivolti ai cuochi casalinghi. Oggi sono opere di design, fotografia, sono scritti come romanzi, contengono mondi al di là delle ricette e se anche non dovessimo mai cucinarne una, ci garantirebbero comunque un’esperienza, un viaggio di scoperta e conoscenza, ci porterebbero indietro a ricordi di allegria, condivisione, ricordi di chi si è preso cura di noi, di luoghi speciali che abbiamo visitato, di persone, riunite attorno a un tavolo, di mani sporche, abbracci e grembiuli macchiati.
Questa, per me, è la magia dei libri di cucina, come dello scrivere e parlare di cibo, qualcosa che mi appassiona profondamente e occupa tanta parte delle mie giornate e che vorrei condividere con più persone possibile.
Ultimamente siamo bombardati di contenuti food, soprattutto digitali, e se tanto di buono c’è in questo, il rovescio della medaglia è che spesso tendiamo a privilegiare questi contenuti più immediati (ricette in 30 secondi con ingredienti lanciati da una scala uno dopo l’altro dentro una ciotola) a quelli statici di un libro; il leggio in cucina è un porta tablet, il poggia mestolo si reinventa porta smartphone e i video sono i veri protagonisti. Eppure quanto è bello mettersi a sfogliare un libro in cerca di ispirazione tra un sorso e l’altro di tè? Leggere le storie delle persone straordinarie che li hanno scritti, entrare nelle loro cucine e sognare di essere chissà dove, inebriati da chissà quali profumi, stregati da sapori esotici o rassicurati dalle combinazioni più tradizionali.
Ecco allora la selezione di questa primo numero di Sfoglia: tre libri di cucina che ti fanno venire voglia di cucinare (o di imparare a cucinare), tre titoli che mi permettono di contraddirmi immediatamente, visto che due di queste proposte sono saggi senza neanche una foto.
Allan Bay, Cuochi si diventa, Feltrinelli, 2003
C’è stato un periodo in cui questo libro era sempre sui tavoli al centro della sezione cucina delle librerie, questa edizione Universale Economica l’avrete vista mille volte, ma sono quasi certa che non vi abbia catturato al primo sguardo: lo sfondo nero, le immagini molto realistiche, è chiaro si tratti di un libro di cucina, ma sembra anche un libro di lettura, “forse potrebbe essere noioso, magari lo prendo la prossima volta” avrete pensato.
Eppure basta sfogliare l’introduzione per essere subito catturati dalle premesse:
«Cuochi si diventa è un libro dedicato a chi vuole far felice se stesso e i suoi amici proponendo piatti buoni e facili»
Allan Bay, giornalista enogastronomico, storico collaboratore del Corriere della Sera, autore di molti saggi e libri di cucina e curatore della Garzantina dedicata alla Cucina, è, prima di tutto, uno che ama mangiare, che ama intrattenere gli amici, che ci incoraggia a metterci ai fornelli, senza ansia. Ci da’ una bella pacca sulla spalla e ci suggerisce alcune «virtù civili» (in pratica questo elenco vale quasi tutto il libro) da seguire per trovare la nostra dimensione culinaria, che non per forza vuol dire perfetta capacità di esecuzione.
«10) Nel dubbio, studia, osa e tradisci qualunque tradizione»
Bay è, a mio parere, un demistificatore: nelle sue parole il (a volte) ridondante mondo culinario ritorna ad una dimensione assolutamente umana: con grande chiarezza smitizza l’alta cucina vista come forma d’arte, la ricetta perfetta, l’ossessione per il territorio. Il suo obiettivo sembra quello di restituire fiducia al cuoco casalingo, fornendogli una mappa chiara, ma soprattutto realistica e realizzabile, perfetta anche per chi non si sa muovere in cucina.
Cuochi si diventa da anni si muove tra lo scaffale degli indispensabili in cucina e il mio comodino, perché certe volte è bello stare a letto e leggere di tecniche di cottura della carne o addormentarsi tra le righe di «Come si cuoce la pasta».
Si parla di tecniche di base, attrezzi indispensabili e «manie dell’autore», come il burro chiarificato e il «vino senz’alcol» che, detto così, vi farà subito inarcare il sopracciglio, ma ogni volta che mi trovo a sfumare qualcosa, nel momento stesso in cui al naso mi arriva la nota amara, in attesa che il vino evapori, mi maledico per non aver seguito il libro e messo a bollire il vino per qualche minuto.
Le nostre abitudini culinarie, dal 2003 ad oggi, sono molto cambiate e, guardando le ricette proposte, questo si nota, ma c’è tanta attualità nel modo schietto di comunicare di Bay, nella sua mancanza di pomposità, che subito ci fa venire voglia di tentare, sicuri, grazie al libro, di avere anche qualche nuovo asso nella manica (come la soluzione del dilemma di rosolare la cipolla senza bruciarla e contemporaneamente tostare bene il riso per il risotto).
Niki Segnit, La Grammatica dei Sapori e delle loro infinite combinazioni, Gribaudo, 2011
Per quello che ho potuto leggere fino ad ora, tutti i cuochi, appassionati e professionisti, sono anche grandi accumulatori di libri di cucina e me lo ha confermato Niki Segnit, una che si è cimentata nella rapidissima impresa di elencare 4.851 combinazioni a partire da 99 sapori (quindi non proprio la signora della porta accanto con cui parlo dei cavolfiori “che non sanno più di niente”) che in questo libro, tradotto in 14 lingue, esordisce dicendo:
«Non ho compreso la profondità della mia dipendenza dai libri di cucina fino a quando ho notato che la copia di French Provincial Cooking, scritto da Elizabeth David, aveva un aspetto particolarmente vissuto, con le tracce delle unghie che correvano sotto i testi»
Questo libro è una vera perla, sotto tantissimi punti di vista, a partire (perdonate il gioco di parole) dalla fine: la bibliografia è un elenco di tutti i libri di cucina essenziali, imperdibili, che ogni appassionato dovrebbe avere (io l’ho fotocopiata e stampata e ancora la uso spesso come riferimento).
E per non farsi mancare niente è anche un libro esteticamente stupendo, pur non avendo neanche una foto. La copertina è un’opera di design semplice e geniale, a cui è impossibile resistere: un diagramma a torta con le famiglie dei sapori, colorato nei toni di verde, rosa e giallo; il bordo delle pagine è rosa antico opaco e sul dorso è riprodotto in piccolo il cerchio con gli spicchi colorati. Potrei anche fermarmi qui, mentre chi ancora non lo possiede lo sta ordinando dal proprio libraio di fiducia, ma vorrei parlare anche un po’ del contenuto, che lo rende una lettura irresistibile, da tenere sempre a portata di mano, tra una presina e un sottopentola, per essere consultato al bisogno.
Ogni capitolo fa riferimento ad una famiglia di sapori (tostati, carnosi, caseari fino a fruttati fioriti, 16 in tutto) per ogni famiglia vengono presentati i sapori principali e i loro accostamenti. Quindi alla domanda che spesso mi pongo osservando inebetita il contenuto del frigo: che ci faccio con quel mazzetto di asparagi prima di abbandonarli a morte certa? La risposta potrebbe essere: accompagnarli ad una spettacolare salsa agli arachidi dal sapore asiatico!
E il grande valore di questo libro è che non “funziona” solo in questo senso (trovare abbinamenti inaspettati e originali) ma anche in un’ottica di conferma delle nostre sensazioni e intuizioni culinarie: possibile che cioccolato e bacon sia una combinazione azzaccata? Perché a molti piace unire pesce bianco e formaggio, connubio da sempre considerato un tabù?
Di tutte queste combinazioni di sapori vengono date coordinate storiche, riferimenti a piatti famosi, tutti contestualizzati con grande chiarezza e per alcune viene fornita una brevissima ricetta non particolarmente dettagliata, ma sufficiente a fare un tentativo, o comunque a scatenare quella curiosità bella, che ci spinge a creare da soli, che è il mood della newsletter di oggi: andare in cucina e provare, imparare sul campo nuovi modi per servire cibo delizioso, tanto il peggio che può succedere cos’è? Realizzare piatti non bellissimi, ma, forti di queste ispirazioni, sicuramente buoni, perché come diceva sempre mia nonna: “Se c’hai messo la robba bbona, sicuramente ce la ritrovi” (sulla romanità di mia nonna approfondiremo in seguito).
Martha Stewart, Scuola di cucina, Giunti, 2014
Mi sbaglierò, ma ho l’impressione che ci sia stata una flessione nelle vendite di Martha Stewart in questi ultimi anni. Sono certa di ricordare un momento, nei primi dieci anni del 2000, in cui i suoi libri si vedevano ovunque, la rivista Living era venduta in tutte le librerie ed edicole internazionali e la regina del reinventarsi ci faceva sognare un lifestyle classicamente americano e preppy, fatto di case di campagna e stivali di gomma sporchi di fango, di lavoro nell’orto e tavole imbandite, con tovaglioli perfettamente piegati e centro tavola di foglie autunnali e pigne dorate, tutto così elegantemente rustico e apparentemente semplice.
Forse per la sovrabbondanza dell’offerta attuale, o forse perché una delle sue ultime imprese è stata cucinare con Snoop Dogg (di cui tanto finirò per comprare il libro di cucina, questo) mi sembra che ci siamo un po’ dimenticati di questa pioniera che, dal suo primo libro Entertaining del 1982, ha spiegato, e venduto, agli americani la loro stessa estetica tradizionale, esportandola in tutto il mondo e in ogni settore, dalla cucina ai matrimoni (stufi dei matrimoni con palette verde salvia? Prendetevela con lei).
Martha Stewart è un po’ una Sonia Peronaci sotto steroidi e, proprio per questo, non bisogna dimenticare che sa esattamente di cosa parla quando si tratta di cucina e, se ciò non fosse sufficiente, ha sempre saputo scegliere i migliori collaboratori (tra cui Sarah Carey, editor della rivista Martha Stewart Living, e co-autrice di questo libro) per ottenere grandi risultati. Come questo manuale, originariamente pubblicato nel 2008, ma arrivato in Italia solo nel 2014, progettato come un corso scolastico, che dalle nozioni essenziali si fa strada fino a tecniche e ricette più complesse.
E’ un libro (finalmente) pieno di foto, che non definirei propriamente artistiche, come quelle a cui siamo oggi molto più abituati, ma che servono principalmente allo scopo di mostrare procedimenti passo-dopo-passo, categorie di strumenti essenziali, eppure sono foto belle, per le quali è stato fatto un lavoro di styling, in cui niente è abbandonato al caso.
Con una veste grafica pulita, chiara, ed estremamente piacevole, le foto di utensili, i collage di pentole, mestoli e mandoline (che ho sempre pensato di incorniciare ed appendere in cucina) Scuola di cucina ha una sua estetica precisa, che un po’ stupisce considerando che parliamo di un manuale tecnico che è stato pubblicato quattordici anni fa.
Se il vostro obiettivo è impressionare Barbieri con una perfetta brunoise alle prossime selezioni di MasterChef ecco il libro che fa per voi, ma se siete anche solo curiosi di studiare le basi della cucina moderna, vedendole anche presentate in modo chiaro ed elegante, non cercate oltre.
Si tratta di vere e proprie lezioni, in cui bisogna prima padroneggiare le tecniche di base per poter proseguire e confrontarsi con livelli di difficoltà sempre più alti. Sono stati inseriti box glossario, consigli, spiegazioni, esattamente come un libro di scuola, solo molto più bello.
«Mentre procedete con il vostro curriculum sono quasi certa che scoprirete di avere l’abilità e la sicurezza per improvvisare e sperimentare in cucina»
Il capitolo sulle uova mi fa sempre pensare al film “Se scappi ti sposo” (i miei riferimenti cinematografici hanno un certo spessore) in cui un Richard Gere, cinico e beffardo, contesta ad una perenne indecisa Julia Roberts di non conoscere neanche la propria cottura di uova preferita e lei, in un moto di orgoglio e self-discovery, alla faccia del colesterolo, si fa preparare dal diner locale una quarantina di uova cotte in tutti i modi possibili, per scoprire finalmente i propri gusti in termini di cibo e uomini. Ecco, se aveste voglia di riprodurre questa scena del film, qui trovereste tutto quello che vi serve.
Altrettanto ricco è il capitolo sulle verdure, con un’utilissima «guida all’acquisto» in cui si spiega chiaramente come dovrebbe presentarsi ogni tipo verdura quando buona e fresca, cosa evitare e come conservare. Un po’ come andare al mercato con qualcuno che sa veramente scegliere la frutta e la verdura migliori, un dono al pari dell’orecchio assoluto, che ho sempre invidiato tantissimo, soprattutto quando passo mezz’ora a “bussare” sulle angurie in attesa di chissà quale rivelazione.
Questo libro è un’enciclopedia, una miniera di informazioni utili, spiegate in modo concreto e accessibile, con un tono mai supponente, ma che invita a provare, a migliorarsi e, soprattutto, a cucinare. O al massimo a pensare, sfogliando le pagine lucide e guardando le foto, quanto sarebbe facile preparare per cena un “rosti alle erbe aromatiche con funghi selvatici”, per poi decidere invece di provare la ricetta del “riso bianco perfetto” (che, comunque, fatevelo dire, è una bomba, non mi ha mai deluso!).
(Una piccola nota per vegetariani o vegani: trattandosi di un corso di cucina, nel capitolo della carne sono presenti foto esplicative di come disossare un pollo o di tagli di altri animali).
Fuori menù:
Niki Segnit svela molto dell’idea alla base del suo libro, e dei tre anni di lavoro per scriverlo, mentre racconta a Margie Nomura i suoi “piatti da isola deserta” in una vecchia puntata di questo podcast che adoro, Desert Island Dishes.
Il primo numero di Sfoglia si conclude qui: grazie per essere arrivati in fondo! Il 30 Giugno arriverà il secondo, e sarà un po’ diverso: ho fatto una chiacchierata con una giovane fornaia di Ravenna, abbiamo parlato di pane e di libri, siete curiosi? Ci vediamo tra due giovedì!
Con “Ricette in 30 secondi con ingredienti lanciati da una scala uno dopo l’altro dentro una ciotola” mi hai fatta schiantare, il resto è stato letto tutto di un fiato, scritto splendidamente e splendidamente godibile. Allan Bay non ce l’ho, e Martha ne ho altri ma questo mi manca, e La grammatica dei sapori.... beh, il mio è consunto.... ti aspetto il 30 giugno, sono curiosissima ❤️♥️